martedì 8 novembre 2011

Parola d'ordine: ITALIANI.

Tante parole pochi fatti. Pochissimi. Ogni giorno su quotidiani, TV, social network scorrono fiumi di buoni propositi che invitano a cambiare marcia e rilanciare finalmente il nostro Paese. 
Ma con quale risultato?? Nessuno.
Non sono serviti gli Indignati, non sono serviti i moniti della BCE, non è servita la sfiducia del FMI e non servirà neanche la caduta di Berlusconi: serviamo NOI, gli ITALIANI.
Uno slogan dell’UDC di Casini dice “quando gli Italiani si uniscono sono capaci di grandi imprese” ed è vero. Verissimo. Lo dimostra la storia, lo dimostrano le scienze sociali, lo dimostriamo ogni giorno quando messi alle strette diamo il meglio di noi.
Chiuso il capitolo Berlusconi non è detto che tutto andrà magicamente meglio come se i mercati economici si muovessero sotto l’inerzia del tanto peggio, tanto meglio.
La tanto invocata Democrazia diretta o partecipativa è aberrante. Bisogna invece proporre una Democrazia informata che coinvolga tutti in maniera propositiva e virtuosa.
La questione generazionale è di primaria importanza ma bisogna prima risistemare il sistema Paese, sempre più vittima di squilibri socio-economici che ne minano la stabilità.
In Inghilterra il premier Cameron, attraverso 10 domande, chiede ai cittadini se sono felici. NOI ITALIANI invece dovremmo riscoprire quanto proposto da Ludovico Antonio Muratori il quale, già nel 1749, distingue la ricerca della felicità individuale, che è tipico impulso umano e che nasce dalla natura ma che può trasformarsi in vizio, dalla pubblica felicità che è sempre positiva.
Non bisogna pretendere che i cittadini siano migliori: dobbiamo pretendere che ci vengano date le possibilità affinché possiamo diventarlo.
Bisogna catalizzare le forze propulsive dell’indignazione in impegno pubblico e sociale. Passino gli indignati intesi come aggettivo, ma non si possono accettare gli indignati intesi come sostantivo, come categoria sociale.
Dal 2007 in Italia c’è un nuovo modo per distrarre le masse ovvero s’è iniziato a parlare di Innovazione. Con questo termine si sono sostituiti altri concetti forse ormai scomodi: non s’è più parlato (in maniera programmatica e sostenibile) di produzione, di sviluppo né di management.
La politica deve riacquistare la sua finalità pedagogica e soprattutto deve avviare un processo di potatura dei “rami secchi”.
Alessandro Rimassa, co-autore di “Generazione Mille Euro” e Direttore di IED Centro Ricerche,  durante i seminari di “STRA.DE” a Viterbo ha proposto di ridisegnare la politica con il design e in particolare con la mappa del Design Thinking. In breve: chi ha la Vision non può essere il Project Manager. Chi può dire oggi se questa è una strada percorribile o meno? Almeno è un’idea concreta e chiaramente definita.
E’ proprio la concretezza che oggi manca. Ci si perde in voli pindarici per cercare di afferrare l’infinito quando basterebbero piccoli gesti concreti per risolvere problemi contingenti.

Ero partito bene ma mi sono perso anch’io in mille parole e altrettanti buoni propositi. Ancora una volta non è il singolo a poter cambiare le cose ma dobbiamo essere tutti insieme protagonisti del cambiamento.

Ai tempi dell’Unità d’Italia Massimo D’Azeglio diceva: “abbiamo fatto l’Italia, si tratta adesso di fare gli Italiani”.
Oggi, 150 anni dopo, possiamo dire: “abbiamo fatto gli Italiani, si tratta adesso di (ri)fare l’Italia”.


1 commento:

  1. bello questo! esattamente come la penso io: troppo parole, anzi forse solo quelle! ma penso anche che, purtroppo, gli italiani non siano più quelli di una volta e che non riusciremmo neanche con due rivoluzioni a cambiare lo stato delle cose.

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