martedì 22 maggio 2012

VECCHI E NUOVI BARBARI. LA POLITICA RIPARTE DA ZERO (+).


Fine anni ’80, inizio anni ‘90. La Lega aveva qualcosa di selvaggio, perfino di barbarico. Un profilo ideologico difficile da incasellare, né di destra né di sinistra. La Lega si poneva come “una forza trasversale e interclassista”. La presa di distanza dalla classe politica coincideva con l’accentuata sfiducia verso la capacità dei partiti tradizionali di risolvere davvero i problemi del paese. Quest’ultimo aspetto indicava il carattere protestatario dell’adesione alla Lega Lombarda.
Più che la secessione, dunque, l’identità della Lega allo stato nascente era la contrapposizione verso il sistema dei partiti, inceppato e corroso.
È stato proprio il suo essere indefinito che ha reso la Lega attraente agli occhi di un elettorato orfano di appartenenze, ideologie, partiti mamma e che cercava un nuovo credo e un nuovo nemico. L’avversario da sconfiggere era Roma, anzi i partiti romani. “Craxi è stato la vittima principale della nostra manovra”, affermava Bossi alla vigilia delle elezioni del 1992. “La Lega segna l’inizio della sua fine, la frantumazione dell’onda lunga.” La Lega parlava ad un mercato elettorale tutto da conquistare, quello che si stava sgretolando insieme al Muro e che aveva bisogno di parole d’ordine nuove. Bossi ha intuito quanto fosse dirompente spezzare le liturgie della Politica delle Prima Repubblica innanzitutto nel linguaggio, nella seriosità, nei riti, nel modo di vestire. Prima di lui c’aveva provato Pannella, e ancora prima Guglielmo Giannini.
Oggi a cambiare il volto della politica italiana è un forte astensionismo ma soprattutto il Movimento Cinque Stelle e il suo Leader Beppe Grillo. Anche lui, i suoi spettacoli e il suo famoso “VAFFA…” hanno qualcosa di selvaggio e barbarico. Il profilo ideologico anche in questo caso va oltre la destra e la sinistra e si contrappone fortemente al sistema dei partiti. Tanti guardano al M5S come l’alternativa mentre tanti altri lo considerano come perfetta sintesi dell’antipolitica: toni da crociata, spettacolarizzazione, deriva populista e demagogica. Difficile e ingeneroso paragonare Grillo a Bossi, ma la storia sembra proprio ripetersi. Ai posteri…
Nel frattempo sono passati 20 anni. Tangentopoli non è mai finita e il Parlamento è stato chiamato quasi ogni settimana a votare sulle autorizzazioni a procedere come due decenni fa.
È cambiata solo la natura del reato e della politica: non si ruba più per fare politica, si entra in politica per rubare. Ieri c’erano i partiti che si trasformavano in comitati d’affari, oggi ci sono gli affaristi che si fanno eleggere. Ieri c’era il politico che si trasformava in banchiere, oggi il banchiere che dirige il partito. Forse, come ha detto il procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli: non valeva la pena di buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quella attuale. Una parte consistente della società italiana ha cambiato classe politica ma non ha mutato mentalità. Il ventennio Berlusconiano si è concluso con l’Italia sull’orlo del fallimento non solo economico, come nel 1992 dell’attacco speculativo alla lira e della manovra del governo Amato da 93 miliardi, il prelievo forzoso dai conti correnti, lo spettro della bancarotta. Ancora una volta la classe politica è stata costretta a ricorrere all’intervento di un commissario esterno.
La Seconda Repubblica che aveva suscitato tante speranze è stata una falsa rivoluzione che ha condannato un’intera generazione, quella nata alla fine degli anni ottanta, a vivere in uno show ripetitivo, con l’audience crollata e gli attori invecchiati.
Il problema di oggi non è far nascere una Terza Repubblica: c’è bisogno di fondare finalmente una democrazia dei cittadini. Corriamo il rischio di rimanere in ostaggio tra la resistenza del vecchio a morire e la difficoltà del nuovo a nascere. Prigionieri del nemico che ci portiamo dentro. Sempre in attesa di un liberatore, per non dover affrontare finalmente la responsabilità, la fatica e la felicità di liberarsi da soli.
I vecchi e nuovi barbari hanno già distrutto tutto. Ripartiamo da ZERO. ORA.

giovedì 17 maggio 2012

Oltre le giovanili di partito: i giovani devono puntare più in alto!



Ricambio Generazionale…suona bene, si fa presto a dirlo e sembra che tutti, ma proprio tutti non desiderano altro.
Ma oltre allo slogan c’è davvero la possibilità di realizzarlo? Come? Quando?
Sembrerebbe di SI. La soluzione indicata rimane nel portare avanti le giovanili di partito, ovvero quell’invenzione che risale a parecchi decenni fa e senza la quale, secondo alcuni, i partiti perderebbero lo spirito avanguardista. Bisogna quindi rimanere buoni, nel proprio ghetto demografico, continuare a fare volantinaggi, organizzare eventi, lavorare sodo nel silenzio e lontano dalle luci della ribalta. Bisogna aspettare il proprio turno, fare esperienza e diventare politicamente maturi. Un giorno (molto lontano) avremo il nostro meritato spazio.

Ma chi stabilisce quando si è politicamente maturi? Cosa vuol dire maturi?
Nella politica la gavetta è fondamentale e sarebbe impensabile pensare di farne a meno. Purtroppo però, quando fai la gavetta e quindi maturi esperienza, ti rendi conto che le giovanili di partito spesso e volentieri servono ai grandi per concentrare le energie nuove per poi incastrare i ragazzi dentro deleterie logiche organizzative che rappresentano alla perfezione quelle “ufficiali”: le loro logiche, quelle mature.
I ragazzi iniziano a dipendere da chi invece dovrebbe lasciar loro spazio. I ragazzi iniziano a competere, a scornarsi e dividersi perfettamente in fazioni che ricalcano beghe e contrasti che si consumano ai piani alti.
Giochetti, trame alle spalle, complotti, ostruzionismi, dimissioni, faziosismi, gruppetti, arrivismi, colonialismi, rancori:  non sappiamo se avremo un lavoro, non sappiamo se potremo farci una famiglia, non sappiamo se potremo essere padroni delle nostre scelte..e  i giovani, con i loro movimenti giovanili cosa fanno??? Corrono ancora appresso a congressi farlocchi, tessere inesistenti, commissariamenti ridicoli, simboli non concessi, slogan populisti, ripicche infantili, etc, etc…
Essere politicamente maturi vuol dire sviluppare integrità e autonomia intellettuale tale da evitare di prestare il fianco a caporali e sergenti che nella concitata frenesia di mantenere i propri orticelli si appoggiano in maniera opportunistica e circostanziale sulle beghe altrui.

Quando nella politica…
Quando nella politica si perde di vista la dignità, i valori, il rispetto. 
Quando nella politica non si riesce più a indicare un sogno, ma ci si insabbia nel commentare il presente. 
Quando nella politica non si parla al plurale ma si analizza tutto attraverso il proprio monocolo sfocato.
Quando nella politica si ha la presunzione di volere tutto ma non si valorizza niente.
Quando nella politica non si parla ma si urla.
Quando nella politica si investe solo tempo e denaro senza entusiasmo ma soprattutto passione disinteressata.
Quando nella POLITICA non mettiamo il CUORE...non è POLITICA.

IO CREDO
…nella politica e nella forte volontà delle nuove generazioni di cambiare davvero  le cose: subito e in meglio.
Un cambiamento vero che passi attraverso un approccio nuovo: senza slogan, senza recinti, senza padrini, senza rancori, senza ideologie. Attraverso un vero patto tra generazioni inteso come processo continuo d’interazione tra chi ha maturato esperienze e chi invece vuole iniziare ad impegnarsi in maniera seria e responsabile.
Un simile cambiamento oggi può realizzarsi solo creando un soggetto unico dove tutte le esperienze possano contaminarsi e trovare nuove sintesi e nuove prospettive.
Oggi possiamo parlare a tutti gli effetti di Politica 2.0 o Social-politics, ovvero quel modo nuovo di far politica e di parlare di politica che scorre sui binari della rete e soprattutto dei social media: si sono azzerate le distanze geografiche, si sono azzerate le distanze culturali ma soprattutto si sono azzerate le distanze tra giovani e dirigenti di partito.
Tutto ormai si fonde e si riproduce sulla scena della rete e si riversa quotidianamente anche nella vita reale. Non si avverte più la necessità di riunirsi e discutere in compartimenti stagno sempre più impermeabili e più inconciliabili. Serve confronto e interscambio totale: a tutte le latitudini, a tutte le età.
Il ricambio generazionale non deve essere uno slogan, deve essere una mentalità ma soprattutto una volontà, forte e determinata.
Oggi è fondamentale che i giovani si affranchino, senza paure e senza timori reverenziali, e rifuggano le lusinghe e i corteggiamenti del potere interno alle organizzazioni giovanili.
I giovani in movimento devono andare oltre e devono puntare più in alto, verso un bersaglio più grosso.