mercoledì 21 dicembre 2011

IL PATTO GENERAZIONALE


Il ministro Meloni ha chiesto nel mese di settembre che nella Costituzione venisse inserito il patto generazionale, ossia la verifica dell’impatto di tutti i provvedimenti a lungo termine, per non far pesare sui futuri adulti le riforme adottate dagli adulti attuali. Chissà perché ogni volta che i politici propongono una cosa sensata, questa debba sempre passare per la modifica della Costituzione, ossia il modo migliore per gettarla direttamente nel cestino.
Ma non bisogna guardare troppo in là, e neppure atteggiarsi a padri costituenti, per vedere come l’Italia sia diventato un paese pericolosamente iniquo e come noi giovani ci troveremo a portare sulle nostre spalle tutto il peso dei calcoli elettorali dei nostri vecchi.
Grazie tante cari papà, che dovreste traghettarci nel futuro e che invece vi state approfittando della nostra distrazione, troppo presi come siamo a barcamenarci per arrivare a fine mese e per arrabattare qui e lì un contratto a progetto, uno stage e un tempo determinato.
E grazie a te, caro ex ministro Meloni, che dal tentativo di elargire milioni di euro a delle fantomatiche “comunità giovanili” (ossia i vecchi amici di Azione giovani) alla difesa della disposizione sui licenziamenti facili prevista nella estiva manovra, ti sei dimostrata molto più la rappresentante della “gioventù” raffigurata da Berlusconi, sempre sorridente e ottimista a favor di camera, che non dei “giovani”, consapevoli ma indifesi.

A fronte dell’assenza di tutele a favore dei giovani che si accingono ad intraprendere un’attività e ad immaginare e preparare il proprio futuro, quello che per certi versi è più deprimente e sorprendente al tempo stesso è che manca una reazione collettiva generazionale, manca una messa in discussione delle regole che non funzionano di questo sistema. Questa è la colpa dei figli che si accompagna a quella dei padri di non aver costruito una società in grado di dare alle generazioni dei figli le stesse opportunità che hanno i giovani degli altri grandi Paesi. La conseguenza è che l’Italia si ritrova ad essere un Paese statico, con scarsa mobilità sociale. Un Paese che fatica a crescere e ad essere davvero innovativo e competitivo.
In questa situazione occorre reagire con un nuovo Patto generazionale che consenta di superare gli squilibri attuali e indirizzi le risorse a compensare la riduzione quantitativa dei giovani con un potenziamento qualitativo.
Questo significa maggiori investimenti in formazione, valorizzazione del capitale umano nel mondo del lavoro, maggior possibilità di emergere in base ai propri talenti e capacità. Significa anche un mercato di lavoro che tenga in giusta considerazione il merito; una previdenza che tenga in conto l’equità intergenerazionale e un fisco che aiuti chi lavora. Significa riattivare l’ascensore sociale ormai da troppo tempo guasto o a disposizione soltanto di chi già frequenta i piani alti per salire ancora più in alto.
E allora facciamoci un po’ sentire, e riprendiamoci ciò che è nostro: il diritto di poter lavorare alle stesse condizioni di chi il lavoro ce l’ha da più anni, ossia con salute, maternità e riposo garantiti, insieme a una continuità che ci consenta di fare carriera, naturalmente se lo meritiamo.

A tutti quei papà che ci hanno rubato il futuro: NOI non siamo dei viziati, e non siamo neppure l’Italia peggiore.
Non aspetteremo come voi la venticinquesima ora per capire che si doveva e si poteva far meglio.
Noi siamo il futuro e tra mille difficoltà ce lo costruiremo. Per Noi e per i nostri figli

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